Il cappuccino: quando il caffè incontra il latte

Articolo scritto da Michele Sergio pubblicato su IL ROMA il 22 aprile 2018

La colazione preferita degli italiani è senza dubbio cornetto e cappuccino. Due sono i soli ingredienti per realizzare il cappuccino: caffè e latte montato caldo.

Il successo commerciale del cappuccino trova ragione nella semplicità degli ingredienti e nella bontà, due caratteristiche che sono state le carte vincenti e che lo hanno fatto diffondere in ogni angolo del mondo.

Ma perché si chiama così? E dove e quando è nato? Non c’è unanimità di pareri circa l’etimologia del termine ma l’ipotesi più probabile e che derivi dalla somiglianza del colore di questa bevanda con il colore del mantello mar­rone dei monaci cappuccini che erano soliti berlo quando iniziò a diffondersi in Europa. La versione più accreditata vuole che il cappuccino nasca a Vienna alla fine del XVII secolo, ma ci vorranno ben altri due secoli per arri­vare, infine, al Cappuccino così come oggi lo si co­nosce. Tre le tappe fondamentali: l’“invasione” del caffè in Europa a partire dalla fine del ’600; la dif­fusione del procedimento della pastorizzazione del latte alla fine dell’800, che ha reso più sicuro per la salute umana il consumo di latte; l’invenzione della macchina professionale per il caffè espresso, oramai nel ’900, che ha consentito la preparazione della crema e della schiuma di latte.

Non tutti sono d’accordo sulla ricetta o per meglio dire sulle proporzioni tra latte e caffè e sulla modalità di preparazione. Possiamo dire però che la ricetta più accreditata è quella per la quale il Cappuccino debba essere composto da un quinto di caffè e quattro quinti di latte caldo montato a crema (a 50/60 gradi centigradi) preferibilmente (nella versione napoletana) sormontati da un centimetro di schiuma di latte, con aggiunta di zucchero (secondo gusto) ed una spolverata di cacao.

Da servire rigidamente in tazza di ceramica/porcel­lana.

A noi italiani piace berlo a colazione, este­ri ed esterofili lo gustano anche nelle altre ore della giornata. A differenza che in passato il Cappuccino, con la sempre più larga diffusione delle macchine domestiche manuali ed elettroniche, si può anche preparare in casa e con ottimi risultati. Su internet e sui social network sempre più di frequente è possi­bile vedere tutorial dove “esperti baristi” realizzano cappuccini con la tecnica della “Latte Art” ovvero la tecnica della decorazione del cappuccino.

Esistono tantissime variazioni sul tema. Elencarle tutte è quasi impossibile. Citiamo tra le altre le più richieste nei bar della penisola.

Caffèlatte: veramente diafana la linea di confine tra caffè latte e cappuccino. I puristi sostengono che il caffè-latte sia formato da 125 cl di latte e 25 cl di caffè e vada servito in un bicchiere di vetro senza schiuma. I baristi napoletani, puristi per eccellenza, lo offrono, difatti, senza schiuma di latte, rispettando, in linea di massima, le dette proporzioni.

Latte macchiato: Le differenze con il cappuccino si fanno sempre più sottili… La tradizione napoletana propone, in tazza di ceramica/ porcellana larga, latte riscaldato con la lancetta a vapore e mezza tazzina di caffè versato sullo strato di crema di latte.

Cappuccino freddo (o Ice Cappuccino per gli americani) è oramai abitualmente diffuso anche dalla nostre parti. Ottimo come bevanda estiva.

Frappè di cappuccino, che ha avuto notevole successo in America, è un cappuccino freddo con l’aggiunta di latte montato (e panna montata) proposto dalle catene di ristorazione a stelle e strisce in gusti vari: vaniglia, cioccolato, caramello, solo per citarne alcune. In Italia non ha, per ora, rilevante diffusione, ma anche qui si comincia.

Infine per chi non tollera la caffeina o il lattosio ecco il Cappuccino di Orzo ed il Cappuccino di Soia: non ci sarà il caffè nel primo ed il latte vaccino nel secondo, ma de gustibus – e della salute (!) – non est disputandum.

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