Le 5 regole perché un caffè sia gourmet

Articolo scritto da Michele Sergio e pubblicato su IL ROMA del 27 gennaio 2019

A Napoli, patria del caffè, tradizione e innovazione viaggiano parallele. Nel corso degli anni l’offerta di caffè dei bar napoletani è andata via via arricchendosi, con numerose varianti del tradizionale espresso. Accanto alla classica tazzulella ‘e cafè è possibile gustare nei bar (ma anche a casa) gli oramai famosissimi e apprezzatissimi “caffè gourmet” (dal francese: buongustaio). Conosciuti anche come “caffè speciali” sono bevande raffinate, elaborate e diffuse in massima parte nella nostra città, che hanno come base il caffè cui sono aggiunti altri ingredienti: il caffè Nocciola (che è diventato un vero must), il caffè Brasiliano (che ha ispirato l’Espressino e il Marocchino), il caffè Gegè, il caffè Barbajata (caro a Gioacchino Rossini), il caffè Kinder, il Nutellotto, il Caffè Babà, il Caffè Pistacchio, solo per citare i più noti.

Da un decennio a questa parte è stata acquisita anche la consapevolezza che Napoli, vera fucina inesauribile di idee e ricette culinarie, stava dando i natali ad un nuova generazione di caffè, a conferma ulteriore dello status di capitale mondiale del caffè. Ecco la naturale esigenza di catalogare i nuovi caffè, fissarne le ricette. Possiamo indicare cinque regole fondamentali per stabilire se un caffè possa essere qualificato come gourmet.

1)-Made in Napoli – I primi a realizzare e proporre i “caffè gourmet” sono stati i partenopei, mentre nelle altre città italiane ci si limitava, ancora, alla classica tazzina. A differenza delle altre città e regioni italiane dove sono rivenibili isolati ed unici casi di caffè definibili gourmet (il Bicerin di Torino o il Caffè Salentino alla mandorla pugliese), a Napoli sono state create, come detto, tantissime ricette e si è consolidata una vera e propria tradizione degli speciali, proposti in tante variabili.

2)-Storia – Ognuno di questi caffè ha la sua storia ed una ragione, un fatto, che ne ha cagionato la nascita. La Barbajata, ad esempio, era la bevanda preferita da Gioacchino Rossini quando si trovava a Napoli come direttore musicale del Real Teatro San Carlo; il Caffè Brasiliano, invece, si è diffuso perché costituiva più economica al cappuccino in epoca in cui non tutti potevano permettersi d’acquistarlo spesso.

3)-Ingrediente principale (caffè espresso napoletano) – Elemento principale è il caffè espresso napoletano (miscele, tecniche di preparazione e strumenti della tradizione partenopea): un gourmet non può prescinderne. E’ possibile utilizzare anche, in alternativa, il caffè freddo, lo shakerato o la crema caffè, prodotti che, comunque, si ottengono dalla lavorazione dell’espresso napoletano.

4)-Diffusione e riscontro del consumatore – Per essere considerato gourmet un caffè deve essere noto, richiesto e apprezzato sul mercato. Molti propongono disparate ricette e variabili del caffè tradizionale, definendole (impropriamente) “gourmet”, senza che le stesse abbiano la storia, la diffusione e l’apprezzamen-to dei consumatori, condizioni queste, al contrario, necessarie perché un caffè “diverso” possa meritarsi l’appellativo

5)-Speciale sì ma sempre caffè (e non dessert o dolce) – Un gourmet non deve essere un caffè tradizionale con piccole varianti (quindi non rientrano nel novero degli speciali il macchiato, il doppio, il ginseng, il cappuccino), ma non deve essere nemmeno una elaborazione tale da renderlo qualcosa di differente, non una bevanda ma, per esempio un dessert/dolce (tiramisù, gelato o bignè al caffè, sono a base di caffè ma non sono caffè!). Gli ingredienti di una ricetta gourmet devono essere equilibrati tra loro, non devono creare un contrasto di sapori e non prevalere l’uno sull’altro. Quelli più utilizzati – panna, cioccolata, nocciola, pistacchio, mandorla – sono, comunque, tipici dell’area mediterranea.

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