10 modi napoletani di dire sul caffè
Articolo scritto da Michele Sergio e pubblicato sul Roma il giorno 27 ottobre 2019
Termini e frasi della lingua napoletana che oggi sono utilizzati dai baristi di tutta Italia
Tutti sanno che Napoli è la capitale del caffè. Pochi però sanno quanto la tradizione del caffè napoletano abbia influito sul lessico dei baristi di tutta Italia. Ecco alcune espressioni oramai patrimonio dei caffettieri dell’intera Nazione.
1) Questo caffè è ‘na ciofeca: “questo caffè è una schifezza” – Ciofeca è una parola coniata da Totò e da lui spesso utilizzata per bollare un caffè non buono.
2) Comm’ cazz’ coce: “come c***o scotta” – E’ la classica frase pronunciata nei bar dagli avventori dopo essersi scottati le labbra con la tazzina calda. La nostra tradizione, infatti, vuole che non solo il caffè ma anche la tazzina a Napoli deve essere molto calda, come il caffè appena estratto. Solo così la bevanda non subisce uno shock termico che potrebbe alterarne aroma e gusto. Per questo motivo capita non di rado di sentire un avventore chiedere un caffè con le “tre C”.
3) ‘O ‘ccafè a ‘dda scennere a coda ‘e zoccola: “il caffè deve scendere come la coda di un topo” – Uno dei modi per capire se il caffè è realizzato a regola d’arte è osservare l’estrazione dello stesso, dalla macchina da bar, che deve avvenire in 25-30 secondi: nei primo secondi il caffè deve scendere a gocce; successivamente il caffè deve fuoriuscire formando una sorta di filo che ricorda la coda di un topo.
4) Ah, che bellu ‘ccafè, sulo a Napule ‘o sanno fa’ e nisciuno se spiega pecché è ‘na vera specialità”: “Ah che bel caffè, solo a Napoli lo sanno fare e nessuno si spiega perché è una vera specialità” – Frase tratta dalla canzone “O ccafè” cantata da dall’indimenticato Domenico Modugno (testo di Riccardo Pazzaglia) dove si loda il caffè napoletano ma nessuno ha mai capito perché è così buono!
5) A manto ‘e monaco: “come il manto di un monaco” – Uno degli elementi per stabilire la buona riuscita del caffè è il colore che deve essere di colore marrone come il manto di un monaco. Eduardo De Filippo era solito utilizzare tale espressione nelle sue opere. Ripetuta poi da Sophia Loren nella trasposizione cinematografica di “Questi Fantasmi” del 1967.
6) Aggia pavà nu suspeso: “voglio pagare un caffè sospeso” – Nella seconda metà dell’ottocento è nata a Napoli l’usanza di lasciare pagato un caffè per uno sconosciuto. Questa tradizione costituisce atto di generosità verso le persone meno fortunate.
7) A tazzulella ‘e cafè: “la tazzina di caffè” – E’ un modo per indicare, quasi con affetto, una tazzina di caffè (meglio se napoletano). L’espressione ha dato il titolo ad una delle canzoni più popolari del grande Pino Daniele.
8) O’ ‘ccafè sape e scarrafone: “il caffè sa di scarafaggio” – Espressione utilizzata da Eduardo De Filippo in “Natale in casa Cupiello” per qualificare, ovviamente negativamente, il caffè della moglie.
9) ‘A cuccumella: la caffettiera napoletana – Macchina per la preparazione del caffè casalingo in uso fino alla seconda metà del ‘900 ma, ancora, utilizzata, nelle case più tradizionaliste. E’ verso la prima metà dell’ottocento che s’afferma la Cuccumella Napoletana, detta la “Napoletana” perché inventata proprio a Napoli dal francese Morize nel 1819. Originariamente in rame, poi in alluminio, l’utilizzo la nuova macchina cambia completamente il modo di preparare la bevanda. La polvere di caffè, macinata in grana più grossa, non è più bollita nell’acqua che, invece, portata ad ebollizione nella caldaia, capovolgendo la macchina, passa per caduta attraverso il filtro contenente il caffè e quindi nel raccoglitore.
10) Sotto tenite ‘o zuccaro e ‘ncoppa amara site – “sotto c’è lo zucchero e sopra siete amara” – Nella canzone napoletana “’A tazzulella ‘e cafè” Brigida non corrisponde l’amore per l’autore, gli si mostra amara, aspra e, perciò, questi la paragona alla tazzina di caffè (che ha sotto lo zucchero e sopra è amaro).
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