I sette passaggi del rito del caffè napoletano

I sette passaggi del rito del caffè napoletano

 

Il caffè a Napoli è sentimento, socialità, cultura. La bevanda che caratterizza e contraddistingue il popolo napoletano. Il caffè è un vero e proprio “culto” tra sacro e profano.

Per tutte queste ragioni nel tempo nei bar si è venuto a creare un vero e proprio rituale fatto principalmente di 7 passaggi che i napoletani tutti i giorni “celebrano” con convinzione tramandandolo con orgoglio alle nuove generazioni.

 

Primo momento è l’invito.

Il caffè è un pretesto per rompere il ghiaccio e per iniziare la conversazione, per corteggiare una donna, per parlare di affari, di politica, di filosofia ecc. Nota bene. A Napoli non si dice ti offro e/o beviamoci un caffè ma piuttosto “pigliammoci nu cafè” (un modo per invitare, poi sarà caffè, bibita o altro quello che conta è lo stare insieme).

 

Secondo momento è chi offre il caffè.

Spesso si vede i napoletani “litigare” alla cassa per chi deve pagarlo. Sebbene il prezzo di un espresso sia di modico valore quello che conta è il gesto. Un piccolo atto di gentilezza e generosità per dimostrare l’affetto o la stima all’altra persona.

 

Terzo momento è bere il bicchiere d’acqua

che a Napoli, lo si sa, è quasi dappertutto gratuito (o meglio rientra nel costo del caffè a dimostrazione che i prezzi al Sud sono sempre molto più competitivi che nelle altre parti d’Italia). L’acqua, a detta dei baristi, serve per pulire la bocca e preparare il palato alla degustazione del caffè.

 

Quarto momento: le precauzioni.

Si perché a Napoli la tazzina scotta (prima dell’uso sono riposte nell’acqua calda). È una antica tradizione molto apprezzata anche dai turisti. È simpatico vedere l’avventore pronunciare la fatidica frase “cumm cazz coce” (le famose 3 C) dopo essersi scottato le labbra con la tazzina calda. Per questo motivo c’è una vera e propria tecnica di raffreddamento della tazzina. Dopo avere girato con il cucchiaino (l’espresso napoletano va sempre girato anche se senza zucchero per mescolare la parte cremosa sopra con la parte liquida sotto) bagnare il bordo della tazzina con alcune gocce di caffè e fare una mezza luna. In questo modo il rischio è scongiurato.

 

Quinto momento: la degustazione.

Ognuno lo fa a modo suo. Chi lo beve velocemente con un solo sorso. Chi invece ama prima odorare per carpire le varie note aromatiche (tra le principali cioccolato, nocciola, pan tostato), poi berlo e infine apprezzare il retrogusto di solito molto persistente. E in questa fase che si parla con l’”amico barista” con il quale è piacevole conversare. Il barista oltre a servirti il caffè ti consiglia, ti dà informazioni sulla città, notizie sul calcio e sulla politica. Sa tirarti su in un momento di difficoltà. Il caffè inoltre è il momento catartico per rompere il ghiaccio con la persona che ti sta affianco. Si perché da una “fesseria ‘e caffè” si trova il pretesto giusto per parlare.

 

Sesto momento. La lettura dei fondi del caffè.

In pochi oggi lo fanno perchè questa antica usanza, ahimè, sta scomparendo. A detta di molti, però, sapere interpretare le figure che formano i residui del caffè sul fondo della tazzina è cosa di particolare importanza dato che possono darti importanti informazioni sul tuo futuro.

 

Settimo e ultimo momento: il caffè sospeso.

Abbiamo detto che il caffè si beve in compagnia. Però capita che avvolte ci si rechi al bar da soli. Che fa allora il napoletano? Volendo condividere il piacere del caffè con un’altra persona ne paga uno in più per uno sconosciuto. Di solito uno meno fortunato e che non ha i mezzi economici per poterlo acquistare. Questo piccolo grande gesto di generosità, nato a Napoli alla fine dell’ottocento, negli ultimi tempi ha scavalcato i confini cittadini ed è diventato un bene immateriale di tutto il mondo.

Buon caffè a tutti.

Michele Sergio

Articolo pubblicato su IL ROMA il 05.08.2025