UN CAFFE’ CON … FERDINANDO I DI BORBONE

UN CAFFE’ CON … FERDINANDO I DI BORBONE
ALLA CORTE DI RE FERDINANDO TRA DUE CHIACCHIERE E UN CAFFÈ
Continua la rubrica “un caffè con …”. Oggi immaginiamo di colloquiare niente di meno con Ferdinando di Borbone I. Sovrano del Regno di Napoli prima e del Regno Due Sicilie poi (1751-1825).
Reggia di Capodimonte, 02 gennaio 1825
Ci troviamo nel “casino di caccia” della famiglia reale. Il Re ci sta aspettando nella Sala del Trono dove c’è un tavolino preparato con un magnifico servizio di tazze (ovviamente di Capodimonte!). Servito il caffè il Re prende l’iniziativa e ci spiega di cosa si sta occupando ultimamente:
“Buongiorno egregi signori come vedete tutto il regno è in festa: stiamo organizzando i preparativi per il mio 75° genetliaco! È affare al quale piace dedicare tempo.
Buongiorno a Voi Maestà. Per noi è un onore essere ricevuti da Sua Altezza reale. Iniziamo con il racconto della Vostra ascesa al trono.
Mio padre, Re Carlo III, capostipite della dinastia Borbone del Regno di Napoli, è stato un buon sovrano. Conquistato il sud Italia, durante il suo regno ha promosso la cultura e la scienza e realizzato importanti opere edilizie pubbliche. Nel 1759 con la prematura morte del re di Spagna, mio zio Ferdinando IV, mio padre si è trovato legittimo successore della corona spagnola. Quindi, ha lasciato Napoli per andare in Spagna assieme a mio fratello maggiore Carlo Antonio. Sono stato, così, proclamato a soli 8 anni monarca del Regno di Napoli.
Ovviamente, accompagnato fino alla maggiore età da un consiglio di reggenza presieduto da Bernardo Tanucci. Della mia educazione si è, invece, occupato il principe di Sannicandro ma questi, fortunatamente, non aveva la vocazione del precettore e ha preferito farmi dedicare, piuttosto, alla caccia e alla pesca e così non ho accresciuto la mia cultura né l’attitudine al rispetto dell’etichetta e del galateo.

È stato difficile regnare sulle Due Sicilie?
Certo che è stato difficile! I miei vicini austriaci, inglesi, francesi ed il Papa hanno sempre provato a stendere le loro mani sulle mie terre. Il francese Napoleone Bonaparte per ben due volte con il suo esercito ha occupato Napoli. Per grazia di Dio sono sempre riuscito a riprendermi il mio, la prima volta, con l’aiuto del Cardinale Ruffo e dei suoi sanfedisti, la seconda volta grazie agli inglesi dopo oltre 10 anni in “esilio” in Sicilia, l’unica parte del regno rimasta ancora sotto il mio controllo. La sola consolazione è stato l’affetto dei miei sudditi siciliani.
Ci parlate del rapporto con il Vostro popolo?
Ho sempre amato i miei sudditi e credo che la maggior parte di loro mi abbia voluto bene. I vari appellativi che mi sono stati attribuiti negli anni – re nasone, re lazzarone, re burlone – dimostrano come il popolo apprezzasse più il mio lato vero, quello umano. Prima ancora che la mia figura di sovrano, sentendomi come uno di loro. Spesso mi mescolavo tra i popolani camuffandomi come uno di loro e dopo essere andato a pesca andavo a vendere alici e scorfani al mercato; il ricavato lo donavo ai più indigenti.

Maestà ci scuserete ma non sempre il popolo l’ha voluta come legittimo re …
È ovvio amici miei. In tutti i regni c’è sempre una minoranza che non condivide lo status quo e cerca in qualche modo di rovesciare chi è al potere. Durante la mia reggenza ho visto tumulti e sommosse popolari, agitate prima da giacobini e poi da carbonari. Nel 1820 ho dovuto affrontare l’ultima rivolta interna, quella promossa da Guglielmo Pepe e qualche militare ribelle. Volevano, addirittura, la costituzione! Alla fine sono stato costretto a concedergliela. Però con l’aiuto di Dio e degli amici austro-ungarici sono riuscito a ripristinare la monarchia assoluta e abolire la nefasta costituzione.
La parentesi della Repubblica Partenopea del 1799
Non ne parliamo nemmeno! Mai avrei immaginato che sedicenti letterati, poeti, scienziati, medici e militari avessero tramato contro la monarchia. Questi incantati da una ventata di idee di eguaglianza tra le classi sociali sono arrivati a proclamare nel 1799 la Repubblica sul modello francese. Se fossi rimasto nella capitale mi avrebbero fatto fare la fine di mio povero cognato Luigi XVI. Ghigliottinato barbaramente insieme alla moglie! Alla fine sono riuscito a catturare tutti i rivoltosi condannandoli a pene severe e addirittura, i maggiori responsabili a morte.

Il rapporto non proprio idilliaco con sua moglie Maria Carolina
Mia moglie è stata la mia croce. Io non me la volevo sposare! Fu colpa di mio padre, che per garantire la pace tra i popoli, ha combinato il matrimonio con Maria Carolina, una delle figlie dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria. In verità io dovevo prendere in sposa prima la sorella Maria Giovanna Gabriella. E poi altra sorella, Maria Giuseppina, ma entrambe morirono di vaiolo. Quindi fu scelta Maria Carolina la quale non voleva assolutamente sposarmi perché era convinta che i matrimoni napoletani fossero sfortunati (aveva la mia stessa convinzione che pensavo che le principesse austriache portassero jella!).
Comunque nel 1768 fu celebrato il matrimonio. Sin dall’inizio le cose non andarono bene. La Regina non mi trovava bello né elegante. A me non è mai piaciuto il suo carattere austero e volitivo volto a comandare e imporre le sue idee, sempre circondata, da diplomatici e soldati inglesi e austriaci. Devo ammettere che la colpa è stata anche mia che troppo mi dedicavo alle passioni, caccia, pesca ed anche donne, piuttosto che agli affari di stato.
A proposito del rapporto con le altre donne …
Non è molto dignitoso parlarne; posso dire che come Re, usando i miei privilegi ho avuto la possibilità di conoscere molte donne, belle e attraenti; la regina ha sempre tollerato le mie “scappatelle”. Questa è uno degli aspetti positivi di portare il “peso” della corona. Tra le tante ricordo la stupenda avventuriera inglese Sara Goudar che è stata mia amante per molto tempo.
Per quanto non lo aspettassi più è arrivato anche l’amore in età adulta. La mia seconda moglie, sposata con matrimonio morganatico, la gentildonna siracusana Lucia Migliaccio, duchessa di Floridia e vedova Grifeo, è stata la consolazione della mia vecchiaia e l’unica che mi ha saputo trasmettere serenità anche nei momenti difficili come l’incendio del Teatro San Carlo e i moti carbonari del 1820.
Insieme a Lei ho passato momenti felici lontano da tutti a Villa Floridiana al Vomero, da me chiamata così proprio in suo onore.
Cosa è per Voi il caffè
Prima dell’avvento di Maria Carolina il caffè c’era a Napoli ma pochi lo bevevano. È stata proprio la Regina a volere fortemente che si diffondesse in tutto il regno. Perché era la bevanda ideale per i salotti e per stimolare l’arte e la cultura. Almeno lei così diceva.
Mi dicono che il caffè sia diventata la bevanda preferita dei napoletani. So che si sono aperte tantissime botteghe al centro città che propongono il caffè e adesso si sta diffondendo l’utilizzo di una caffettiera chiamata cuccumella. Il caffè è migliore rispetto a quello che ho bevuto in passato perché è senza residui di polvere e quindi più pulito e gustoso.
Maestà ma Voi piace il caffè?
Si abbastanza e mi piace prenderlo in compagnia. In fondo il caffè è stato più bravo di me perché, a differenza mia, è riuscito a farsi amare da tutti i napoletani senza distinzione alcuna. Adesso Sua Maestà vi lascia perché va a caccia. Buona giornata a tutti.
Articolo pubblicato su L’Espresso napoletano nel mese di dicembre 2024