Sport e caffè … intervista a Pino Maddaloni

Sport e caffè … intervista a Pino Maddaloni

Esiste un legame stretto tra caffè e sport. Da sempre tantissimi sportivi sono soliti bere caffè prima, durante e dopo allenamenti e competizioni. Non solo perché la caffeina è un valido aiuto naturale che migliora la capacità di concentrazione e reazione. Ma anche per i benefici che il nero infuso apporta al corpo umano, favorendo digestione e circolazione sanguigna.

Oggi, anche su questo tema, abbiamo il piacere d’intervistare una vera e propria icona del judo mondiale, il nostro grandissimo campione olimpico Pino Maddaloni.

 

  1. D) Buongiorno Pino, iniziamo da un po’ della tua vita …

  2. R) La mia vita … Indissolubilmente legata al “tatami”, la piattaforma dove si allenano e combattono i judoka. Ho iniziato a 4 anni allenandomi con mio padre Giovanni, il mio migliore amico, che ha saputo trasmettermi, cosa mai scontata, i valori fondamentali del rispetto delle persone e delle regole e quello del sacrificio.

 

  1. D) Che grado di diffusione e conoscenza del judo si ha in Italia?

  2. R) Il Judo da noi è, ancora, visto come sport di minore importanza, percepito come attività di nicchia, per soli pochi appassionati. Sappiamo che la maggior parte delle attenzioni, di pubblico e media, è rivolta al calcio ma, penso, che gli sport abbiano, invece, tutti pari dignità. E’ una questione culturale: molti sport, al pari del judo, sono ingiustamente relegati ad un rango inferiore solo perché non se ne conoscono principi e disciplina. Quando ero piccolo, il judo era ancor meno conosciuto rispetto a oggi; ricordo che i miei amici mi deridevano utilizzando frasi tipo “Famme vedé ‘na mossa” o “T’hann vattut’ eh?”. La mia vittoria olimpica a Sidney 2000 ha, fortunatamente, contribuito ad avvicinare il judo alle persone, ne ha favorito la diffusione. Personalmente mi ha consentito di coronare un altro dei miei sogni: fare parte del gruppo sportivo delle Fiamme Oro.

 

Pino Maddaloni
Pino Maddaloni
  1. D) Cosa si prova a vincere l’oro alle Olimpiadi?

  2. R) Detto che non me l’aspettavo, è stata un’esperienza indimenticabile. E non parlo solo del salire sul gradino più alto del podio. Ma, anche, del viaggio interminabile, del continente australiano, di una città bellissima come Sidney, ampia, spaziosa e piena di italiani.

  1. D) Pino ora di cosa ti occupi?

  2. R) Insegno judo ai ragazzini di un quartiere difficile come Scampia. È importante, oso dire, fondamentale, creare interesse nei giovanissimi verso uno sport sano come il mio, per il quale il rispetto di avversari e compagni, la disciplina, sono basilari, ne costituiscono il fondamento morale e culturale. Qualche volta il judo consente di aiutare ragazzini disagiati, senza una solida famiglia alle spalle e che, purtroppo, di sovente, non hanno alcuna alternativa alla strada che, in tali realtà, è veramente pericolosa. Il sostegno di una famiglia sana è fondamentale, poi, per riuscire ad arrivare ai livelli alti; io, da questo punto di vista, sono stato veramente fortunato a godere sempre dell’appoggio dei miei familiari più stretti.

 

  1. D) Bevi caffè Pino?

  2. R) Non da ragazzo. Un giorno, durante una competizione, aspettavo il mio turno per combattere quando, improvvisamente, mi addormentai. Fu così che mio padre mi impose “Tu mò ti pigli o’ cafè così ti svegli”. Preso il caffè l’effetto fu immediato e non solo mi destai completamente ma, anche, presi la piacevole abitudine a berlo. Da tempo sorseggio un caffè prima di una gara. Ne prendo ben 3 nel corso della mattinata. Oggi lo bevo spesso al bar della caserma e lo trovo buono. In passato, causa l’attività agonistica, avendo girato il mondo, ho, però, dovuto sorbirmi troppi caffè di pessima qualità. Quello che si beve nella nostra città è un’altra cosa!

 

  1. D) Hai qualche preferenza in fatto di caffè?

  2. R) A me piace in tazza bollente con zucchero. Alla napoletana!

 

Michele Sergio

Articolo pubblicato su Il Roma il 02 agosto 2020