Intervista allo Chef Lino Scarallo

Il caffè in cucina
Un ingrediente particolare nei piatti dello Chef Lino Scarallo
Il caffè, la bevanda più diffusa al mondo, ha, oramai, valicato i confini della tazzina divenendo protagonista anche nei mondi di pasticceria e gelateria. Da tempo i guru della ristorazione preparano ricette inserendovi quale ingrediente il caffè; tra i primi a farlo un grande maestro napoletano (e non poteva essere che un napoletano ad utilizzare il caffè al di fuori dei confini tradizionali!).
Siamo in compagnia dello chef stellato Lino Scarallo da oltre 13 anni alla guida della cucina del Palazzo Petrucci a Posillipo.
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D) Buongiorno chef ci parli un po’ di lei.
- R) Sono nato nel 1973, napoletano verace della Sanità. Cuoco da più di 30 anni, ho iniziato con gli studi presso l’Istituto Alberghiero Cavalcanti, per poi cominciare ad acquisire esperienza lavorativa in Sardegna, Sicilia e Toscana fino a tornare nella mia Campania, a Palazzo Petrucci, prima a piazza San Domenico Maggiore e poi, dal 2015, a Posillipo.
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D) E’ grazie a lei che Palazzo Petrucci ha conquistato la stella Michelin, la prima napoletana …
- R) Il merito è di tutta l’equipe. Il riconoscimento del 2008 che, con orgoglio confermiamo di anno in anno, è stato ottenuto con il lavoro di squadra: c’è chi accoglie i clienti, chi porta loro il menù, chi cucina, chi serve ai tavoli. Da soli non si ottengono risultati, tutti insieme, invece, si vince.
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D) Che rapporto ha con i clienti?
- R) Il nostro pubblico è sia napoletano che internazionale. Non ho preferenza. Il nostro compito è quello di farli sentire a proprio agio, coccolarli senza mai essere invasivi, mantenendo la giusta e discreta distanza.
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D) E con i colleghi, specie quelli più giovani?
- R) I giovani sono, spesso, abituati a dare il tu. Il mio compito è quello di educarli attraverso l’esempio, come deve fare un buon padre di famiglia. Per diventare dei bravi chef occorrono tempo ed esperienza lavorativa. Questo è un lavoro bello e prestigioso ma che comporta tante rinunce.
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D) Ci parla dei suoi piatti?
- R) I menù seguono la stagionalità, nel rispetto della natura e della materia prima. Lo cambiamo, dunque, quattro volte l’anno e prevede sia piatti da scegliere sulla carta, sia un percorso di degustazione. Il mio stile si basa sulla rivisitazione di piatti legati alla tradizione ma con tecniche nuove e cotture particolari. La mia cucina ovviamente segue le esigenze della clientela: piatti sani con pochi grassi e pietanze anche per vegani, intolleranti e soggetti allergici.
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D) Lei ha inserito il caffè in molte sue pietanze…
- R) Si. Tutto partì da un contest di Kimbo che prevedeva un premio particolare, una cena presso una cucina stellata. Per questo motivo proposi dei piatti particolari legati al caffè che ebbero anche un discreto successo: una linguina con caffè, scampi e lime e una zuppa di ceci con astice e caffè. Ho realizzato anche un dolce che ho chiamato “ma cosa hai messo nel caffè?”, una bavarese al caffè con gelatina allo zenzero, crema inglese all’anice e biscotto al whisky. Il caffè ha un gusto deciso e per questo motivo si devono abbinare ad esso ingredienti dai forti sapori.

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D) Beve caffè chef?
- R) Si certo! Il caffè è il mio primo pensiero la mattina. Lo prepara mia moglie e il suo aroma si sparge per casa. È un momento di relax prima del lavoro. Anche dopo pranzo è fondamentale una buona tazzina per chiudere il pasto ma non deve essere una “ciofeca” se no il pranzo è rovinato!
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D) Cosa è il caffè per lei?
- R) Il caffè è vita, è un culto, un momento importante soprattutto considerando il lavoro che faccio. Mi aiuta a lavorare meglio dandomi più lucidità. Io lo bevo solo in tazza calda.
Michele Sergio
Articolo pubblicato su L’Espresso napoletano nel mese di novembre 2020