Antonella Morea ed il caffè

Intervista ad Antonella Morea

Simpaticissima, bravissima e con una carriera incredibile. Questi sono solo alcuni degli aggettivi con i quali possiamo definire lo strepitoso talento di una delle attrici napoletane più amate in Italia, Antonella Morea.

  1. D) Iniziamo parlando della tua vita e del tuo lavoro per poi concludere soffermandoci sul tuo rapporto con il caffè.

  2. R) Il caffè? Io non ne bevo! Però c’è un motivo…
Antonella Morea
Antonella Morea
  1. D) È la prima volta che mi capita di intervistare un personaggio che non beve caffè … Sono curioso di sapere il perché. Ma andiamo con ordine. Ci racconti come ha iniziato la carriera di attrice.

  2. R) Sono nata da una famiglia di artisti. Renato Carosone era mio zio. Mia nonna era una cantante “canzonettista” mentre la mia bisnonna Anna Savastano recitava con Viviani e Scarpetta. Mi è sempre piaciuto cantare ma la timidezza mi bloccava. La svolta avvenne all’età di 17 anni, suonavo la chitarra per strada con una mia amica, quando fummo notati da un signore che ci volle al Pacuvio Club. Non lo facevo tanto per soldi ma piuttosto per il semplice piacere di esibirmi.
  3. Erano gli anni ’70 ed ero appena maggiorenne ma subito inizia a fare tante cose. Con Gino Rivieccio partecipammo alla trasmissione “Prova Generale” di TeleNapoli vincemmo il campanello d’oro. Al teatro Cilea recitai in Tupeapo. Poi fui scelta da Roberto de Simone per far parte della compagnia de “La Gatta Cenerentola”. La prima fu fatta a Spoleto. Ricordo ancora il giorno. Era il 7 luglio 1976. Fu un successo. Ad oggi sono state fatte più di 5000 repliche.
Antonella Morea
Antonella Morea
  1. D) Quali sono stati i suoi più grandi successi professionali?

  2. R) Essermi esibita al Teatro San Carlo di Napoli e a La Scala di Milano dove mi fecero notare che stavo recitando “nel punto Callas”, come il grande Soprano. Che emozione. Poi avere recitato per Patroni Griffi, Luca De Filippo, Giuseppe Tornatore. Anche il musical Mary Poppins mi ha dato grandi soddisfazioni.

 

  1. D) Gli ultimi lavori sul web ti hanno dato grande popolarità. Oggi sei amata anche da un pubblico molto giovane…

  2. R) Sì, mi hanno chiamato prima The Jackal e poi Casa Surace. Il mio ruolo è stato quello di interpretare la “mamma del sud”. Io non mi tiro mai indietro e affronto tutte le sfide. Sono un’attrice di teatro ma mi sono divertita molto a lavorare per il web. Molti ragazzi mi hanno confidato che, dopo avermi visto sul web, hanno fatto delle ricerche e credevano che avessi fatto tanti lavori.
Antonella Morea
Antonella Morea
  1. D) Siamo giunti al momento del caffè, il cuore dell’intervista. Perché non ne bevi?

  2. R) Quando smisi di fumare inizia a bere caffè. Mi piaceva molto bere il caffè freddo per la precisione. Quello che noi a Napoli prepariamo a mo’ di granita. Nel 2004 ebbi un “coccollone” mentre mi trovavo ad un ricevimento. Prima un mal di testa, poi si bloccarono le gambe. Fortunatamente mio cugino li presente che lavorava alla Croce Rossa capì immediatamente che si trattava di una cosa grave e fui portata subito al Cardarelli. Ebbi un embolo alla testa. E dopo 7 giorni in ospedale fui riportata a casa in sedia a rotelle. La riabilitazione è durata 4 mesi.
  3. È stata una dura prova. Anche perché una metà del mio corpo non funzionava. Però con grande forza di volontà sono riuscita a superare tutto con successo. Ricordo che mi aiutarono tanti amici tra cui Nino D’Angelo. Ho sempre voluto scrivere un libro su questa esperienza e lo vorrei intitolare “La metà di me”. In conclusione è per questo che non bevo caffè. Il medico mi disse che fu forse anche per l’eccessiva assunzione della bevanda.
Antonella Morea
Antonella Morea
  1. D) E il piano B?

  2. R) In realtà da buona napoletana ho trovato una soluzione: gelato al caffè! Mi piace tanto. La tazzina no. Mi ricorda la mia brutta esperienza.

 

  1. D) Quindi cosa è per te il caffè?

  2. R) Il caffè è una cosa sensuale, nero caldo e bollente. La bontà risiede nell’acqua e nella miscela. Per noi napoletani il caffè è un vero e proprio marchio di fabbrica.

 

Michele Sergio

Articolo pubblicato su L’Espresso napoletano nel mese di giugno 2021