Intervista a Giancarlo Ascione

Intervista a Giancarlo Ascione
Quando si parla di corallo il pensiero corre alla città di Torre del Greco. Alle imbarcazioni denominate “le coralline”, al porto, agli opifici. E alle storiche famiglie come Ascione che lo lavora da circa 200 anni. Abbiamo il piacere di intervistare Giancarlo Ascione, dell’omonima storica e prestigiosa azienda campana. Azienda conosciuta per i suoi coralli e cammei.

Come nasce questa realtà?
Non tutti sanno che la lavorazione è arrivata a Napoli ai primi dell’800 grazie al francese Martin che alla corte di Ferdinando IV avvia una Fabbrica Reale. All’epoca la nostra famiglia era armatrice di barche per la pesca di corallo che si svolgeva in tutto il bacino del Mediterraneo grazie alle flotte torresi. Viaggi che duravano dai 6 ai 9 mesi, alla mercè di corsari e pirati. Torre del Greco divenne conosciuta in questo delicato e prezioso settore della pesca del corallo. Diventato poi una delle punte di diamante della gioielleria italiana e non a caso Torre è nota come “città del corallo” e gli abitanti come “corallini”.
Una data importante, riportata anche su tutti i nostri diplomi è il 1855. In quell’anno il mio bisnonno Giovanni Ascione, figlio dell’armatore Domenico, registra presso il notaio l’Azienda già operante nel settore da tempo.
Da allora gli eventi storici si sono succeduti in maniera incalzante a partire dall’unità d’Italia, dalla quale ricevemmo il brevetto di fornitori della Real Casa, poi la prima e la seconda guerra mondiale, gli americani e tutti i cambiamenti che si sono seguiti, con le crisi che i cambiamenti portano, attraversati senza mai chiudere, possiamo dire che il nostro glorioso marchio orafo, 5*NA, sia il più antico di Napoli.

Ci parli del laboratorio, degli artigiani e delle vostre creazioni.
La nostra sede storica si trova nel centro di Torre del Greco. Lì al primo piano l’opificio dove perenne è l’impegno alla innovazione, quella innovazione che ci ha permesso di mantenere sempre attuale la tradizione e che ha partorito, il verbo non è casuale oggetti come la pisside conservata nel tesoro di San Gennaro, la culla dei Savoia conservata alla Reggia di Caserta, la cornice della Madonna di Pompei che accompagnò le truppe italiane al fronte africano. Mi piace ricordare anche le 6 esclusive bacchette realizzate per altrettanti importanti Maestri d’orchestra italiani e stranieri in quanto la nostra sede napoletana, Casa Ascione, si trova di fronte al Teatro di San Carlo e ne subisce il suo magico influsso, così come l’aroma di caffè che caratterizza le mattine e i primi pomeriggi del salotto di Napoli, la Galleria Umberto I della quale occupa il piano nobile della facciata.
Cosa è Casa Ascione?
È difficile spiegare perché non è scontato. Casa Ascione, usiamo il termine casa nell’eccezione francese. Non è solo un luogo dove si acquistano oggetti e visita il museo d’impresa ma spesso gli oggetti, matita alla mano, prendono vita proprio davanti ad un caffè fumante. In questo luogo si vivono anche momenti, si trasforma in location per la presentazione di libri, conferenze e concerti. Si fa cultura territoriale.

Ci parli della famiglia Ascione.
Sicuramente una famiglia basata su di una forte solidità affettiva. Frutto dell’esempio delle generazioni passate. In particolare i nostri genitori hanno scelto di avere 8 figli, 4 maschi e 4 femmine. E in 5 condividono l’impegno aziendale. Credo che la fortuna del nostro territorio passi attraverso le famiglie che fanno impresa. L’elasticità nelle scelte nei momenti di crisi, la capacità di adattarsi alla realtà è la forza della tradizione. La tradizione esiste e resiste perché è una certezza non perché è un rito. In conclusione credo che la forza di una azienda familiare è anche quella di avere una visione della realtà più vera, frutto di una condivisione meno superficiale di pensieri ed idee.
Ascione ed il caffè?
In questi numerosi anni di attività abbiamo accolto nei nostri salotti personalità influenti da tutto il mondo. Mai è mancato un caffè sul tavolo a suggellare l’incontro. Un rito essenziale che ogni napoletano ama fare. Ancora oggi come ieri l’aroma del caffè scandisce i momenti da ricordare e forse gli incontri più creativi che si svolgono a Casa Ascione. Se il tempo lo consente è una cuccuma che prende il posto di onore sul vassoio, rigorosamente di stagno a due tazze e come da tradizione 50% arabica 50% robusta.

Il suo rapporto con il caffè?
Io bevo tanti caffè, uno al mattino, uno con gli altri papà dopo avere accompagnato i figli a scuola, uno quando arrivo a lavoro e poi… tanti altri durante la giornata con clienti e amici. Non si contano. Credo che offrire un caffè e non prenderselo è un’offesa. Meglio non offrirlo proprio. Sono grato al caffè anche perché mi ha fatto incontrare uno dei miei migliori amici, Massimiliano Rosati del Gambrinus. Il caffè è un rito d’amicizia, una sferza di vita, il nostro Kalumè della pace.
Michele Sergio
Articolo pubblicato su L’Espresso napoletano nel mese di aprile 2022
Crediti Foto Casa Ascione.