‘O Cuonzolo

‘O Cuonzolo
Tre tradizioni napoletane del caffè
Attorno al culto ed alla cultura del rito del caffè napoletano sono nate usanze e tradizioni. Tradizioni che hanno col tempo caratterizzato il popolo partenopeo. Dall’antica usanza del caffè sospeso alla pratica del caffè in ginocchio. Senza dimenticare la tradizione del Cuonzolo. E l’usanza di regalare lo zucchero ed il caffè quando si fa visita ai parenti.
Le prime due usanze, però, sono legate all’espresso e, quindi, al mondo del bar (dove nella prima si paga un caffè in più per uno sconosciuto e nella seconda si riutilizzano le pose del caffè, messe in un cassetto posizionato all’altezza del ginocchio, per darlo ai più poveri). Le altre due sono legate al mondo domestico.
È tradizione consolidata, oramai, che quando un napoletano (ma il discorso si può estendere a tutta la Campania e anche a molte zone del Sud Italia) visita parenti o amici porta in dono zucchero e caffè. Non farlo sarebbe una scortesia. Parimenti anche chi ospita ha il dovere di offrire il caffè. Guai a non fare “gli onori di casa”: è maleducazione non dimostrare attenzione e cura per l’ospite.
‘O Cuonzolo
Un posto speciale nel panorama delle tradizioni napoletane legate alla tazzulella, infine, spetta proprio all’antica usanza de ‘o “cuonzolo”. Questo termine napoletano si traduce in italiano con il termine la “consolazione”. Consiste nell’accompagnare e sostenere con il caffè i parenti e gli amici più stretti del defunto durante la veglia funebre di quest’ultimo.
Anticamente con il caffè preparato con la cuccumella, oggi con i thermos contenti l’espresso del bar è sempre importante bere il caffè durante questi eventi luttuosi perché la caffeina ivi contenuta permette ai partecipanti di rimanere svegli durante la notte e vegliare, così, nel migliore dei modi il defunto.
‘O Cuonzolo in Natale in casa Cupiello
Esemplare in tal senso è la famosissima scena del terzo atto della commedia “Natale in casa Cupiello” di Eduardo De Filippo. Qui si vede una pletora di familiari, amici, conoscenti e vicini, che affollano la stanza dove Luca si trova a letto in fin di vita. Il portiere dello stabile si occupa di servire a tutti i presenti una tazza di caffè. Per ristorare i familiari nel corso della lunga veglia all’infermo protagonista. Per offrire agli altri – i quali sembrano non aspettare altro che l’occasione di bere gratis un caffè – con la ripetizione di questa antica usanza pratica in ogni casa di Napoli, conosciuta con il termine ‘o cuonzolo.
Il caffè, infondo, accompagna il napoletano in tutti i momenti della sua vita:. Dall’infanzia con la zuppa di latte all’adolescenza con il caffè preparato con la moka per aiutarsi nello studio. Dall’età adulta con l’espresso del bar alla maturità con la riscoperta dell’antica cuccumella. Ed infine, all’epilogo dell’esistenza con l’antica ma ancora praticata usanza del cuonzolo.
Anche per questo motivo Napoli, a giusta ragione, è considerata la patria del caffè.
Michele Sergio
Articolo pubblicato su Il Roma il 14 febbraio 2021