‘O quatto ‘e maggio del Gambrinus

‘O quatto ‘e maggio del Gambrinus

Quando il Caffè Gambrinus recuperò le sue storiche sale di Piazza del Plebiscito

L’ennesimo colpo di piccone e la parete che divideva il Caffè Gambrinus dalla filiale del Banco di Napoli di Piazza del Plebiscito cadde sotto gli occhi di autorità, stampa ed un gran numero di curiosi. È un giorno da ricordare il 23 dicembre 2000 per i fratelli Antonio e Arturo Sergio, i gestori dell’antico Caffè. Dopo lunghi anni riuscirono, finalmente, a recuperare le sale che per decenni avevano ospitato l’agenzia del Banco di Napoli.

La storia dell’antico Caffè

La storia del Gambrinus iniziò nel 1860 con Vincenzo Apuzzo che inaugurò il “Gran Caffè”. Ubicato nell’attuale palazzo della Prefettura in piazza del Plebiscito. Era l’ultimo anno del re Francesco II di Borbone. Di lì a poco sarebbero arrivati Garibaldi ed i Savoia. In questa congerie di eventi storico-politici il nuovo Caffè ebbe immediato successo e divenne non solo il salotto principale della città, ma anche “Fornitore della Real Casa” per decreto regio. Si racconta che l’Apuzzo fosse uno spendaccione. Sta di fatto che nel volgere di pochi anni, oberato dai debiti, fu costretto a lasciare il Gambrinus.

La gestione del Caffè passò a Mariano Vacca il quale decise di trasformare il Gambrinus in uno dei più bei Caffè del mondo. L’architetto Antonio Curri ridisegnò il locale in stile liberty. Lo fece adornare di stucchi, statue e dipinti dei più importanti pittori della “Scuola di Posillipo”. Era il 1° novembre 1890 quando il “nuovo” Gambrinus aprì i battenti, in piena Belle Epoque. Scandalose ballerine di can-can esibivano le loro grazie nei principali caffè e teatri di Napoli, mentre intellettuali, scrittori e poeti – O. Wilde, M. Serao e G. D’Annunzio – sedevano al Gambrinus, dove, tra caffè e sorbetti, componevano, creavano, discutevano.

Il Gambrinus andò in declino causa l’alternanza delle gestioni successive, alcune poco fortunate. Il 5 agosto 1938 le autorità decisero di chiudere il locale ritenuto essere luogo di incontro degli antifascisti (forse solo perché personalità quali B. Croce, E. Hemingway, J. P. Sartre, frequentavano il Caffè più in vista di Napoli).

La riapertura

Il Gambrinus riaprì dopo la seconda guerra mondiale ridotto, però, alla sola sala affacciata su via Chiaja. Il resto dell’originaria struttura fu data al Banco di Napoli. Nel 1973 il coraggioso imprenditore napoletano Michele Sergio rilevò la gestione del decadente Caffè. Erano anni difficili quelli, dal colera al sisma del 1980; eppure Michele Sergio riuscì riportare il locale agli antichi splendori. La prima svolta ci fu nel 1981, quando furono restituite al Caffè le sale che affacciano su piazza Trieste e Trento. Non domo, Michele Sergio continuò la sua battaglia forte, ora, dell’appoggio dei figli Arturo e Antonio. Non vedrà purtroppo il suo sogno realizzarsi. Scomparso nel 1997, solo nel 2000 il Banco di Napoli fu, infine, “sfrattato” dai saloni del Gambrinus, restituiti dalla Provincia di Napoli, che ne è proprietaria, alla famiglia Sergio.

La tenacia di Michele Sergio e dei suoi figli e la sensibilità delle Istituzioni (in particolare del Presidente della Provincia di Napoli Amato Lamberti), unite, condussero al risultato di restituire alla città di Napoli ed al mondo intero uno dei Caffè più belli e prestigiosi del mondo.

Ancora oggi è possibile ammirare l’antica porta lignea a due ante con gli stemmi del Banco di Napoli, all’interno del Gambrinus. I fratelli Sergio, non hanno voluto rimuoverla perché rimanesse visibile la traccia de ‘o quatto ‘e maggio del Gambrinus.

Michele Sergio

Articolo pubblicato su L’Espresso napoletano nel mese di maggio 2017