L’evoluzione del caffè a Napoli

L’evoluzione del caffè a Napoli

Napoli e il caffè, un amore ininterrotto da secoli. Questo connubio riuscitissimo tra un popolo ed una bevanda ha origini molto remote. Già nel ‘600, grazie ai carteggi di un noto personaggio, Pietro Della Valle, a Napoli già si parla di caffè. Ed i partenopei sono tra i primi popoli d’Europa a conoscere le qualità e le caratteristiche del pregiato nero infuso. A quel tempo, più visto come medicina che come bevanda.

Il 1700

Bisognerà, però, aspettare l’arrivo della regina Maria Carolina d’Austria, sposa del nostro Ferdinando di Borbone, per “ufficializzare” l’oro nero anche nella città del Vesuvio all’epoca terza città d’Europa per popolazione.

Il caffè nel ‘700 che si beve alla “turca” (chicchi di specie arabica, tostatura chiara e macinatura finissima e la polvere veniva versata direttamente nell’acqua calda a mo’ di infuso) è amato non solo dai reali ma anche dai protagonisti della fallita rivoluzione partenopea del 1799. Ricordiamo che quando la giornalista e patriota Eleonora De Fonseca Pimentel fu condannata a morte espresse come ultimo desiderio proprio una tazza di caffè.

Il 1800

L’ottocento si apre con un’invenzione importante nel mondo del caffè: la prima caffetteria moderna, la cuccuma. Il successo della “Napoletana” risiede nel fatto che questa macchina supera il sistema turco ad infusione perché porta al suo interno un filtro che serve proprio per non lasciare residui di polvere in tazza.

L’ottocento è anche il secolo delle grandi Caffetterie che si aprono soprattutto sull’asse di via Toledo. E per la particolare tecnica di preparazione del caffè. Come si può leggere dagli antichi trattati, i chicchi di caffè sono prima “abbrustoliti” sul fuoco fino a che il colore ricordi il manto del monaco. Poi macinati (manualmente all’epoca) ed infine estratti con la cuccumella.

Il 1900. La prima metà

Fu così che Napoli conquista il titolo di capitale del caffè. Primato che mantiene anche durante il secolo successivo, il novecento. Anche grazie alla nascita di usanze che sono ancora in uso oggi come quella del caffè sospeso.

Nella prima metà del secolo scorso Napoli si riempie di venditori ambulanti che girano per la città (anche di notte) con tanto di carrettino dispensando gli avventori dell’amata bevanda. Nascono piccole torrefazioni a legna (presenti soprattutto nei quartieri popolari) che tostano i pregiati chicchi il cosiddetto “oro nero”. Le persone più anziane ancora ricordano l’odore e l’aroma di caffè che si respirava quando si visitavano i vicoli e le strade della città.

Il 1900. La seconda metà

Il novecento è ricordato anche per l’avvento della moka nelle case (che sostituì la più lenta e complicata cuccuma). E la macchina per l’espresso nei bar. La tostatura diviene più scura, il caffè più cremoso e nella miscela accanto ai chicchi di specie arabica si affiancano anche quelli di specie robusta.

Grandi artisti ne decantano la sua bontà chi con una canzone chi in un film. Eduardo De Filippo, Sophia Loren, Totò, Domenico Modugno, Pino Daniele, Massimo Troisi e tanti altri.

E così, secolo dopo secolo, arriviamo finalmente ai giorni nostri. Sempre meno persone usano la moka preferendo l’utilizzo delle più veloci e pratiche macchine per cialde e capsule. Nei bar si propongono miscele particolari frutto di una ricerca spasmodica e costante di blend sempre più pregiati e particolari. Oggi le torrefazioni napoletane sono tra le più apprezzate in Italia. Milioni di turisti visitano la nostra città, non solo per le bellezze architettoniche e paesaggistiche, ma anche per provare il suo famoso espresso. E per conoscerne il “rito” (bere un bicchiere d’acqua prima del caffè che viene servito in tazza calda, bagnare il bordo della tazza con alcune gocce di caffè, pagare un sospeso per le persone meno abbienti e così via).

Il nuovo millennio

Ed il futuro del caffè di Partenope come sarà? Difficile dirlo. Probabilmente nei prossimi anni vedremo la nascita di scuole di formazione e l’organizzazione di eventi sul tema. Accanto all’espresso ci sarà l’ingresso nel mercato napoletano e italiano del caffè filtro e delle mono origini.  L’introduzione di un disciplinare per realizzare un caffè come da tradizione ma rispettando la filiera di produzione e la sostenibilità ambientale. In fine, accanto alle grandi torrefazioni, si affiancheranno le piccole torrefazioni (micro-roastery) che proporranno ai clienti caffè artigianale di altissima qualità e personalizzabile.

Napoli così continuerà ad essere capitale del caffè anche nel terzo millennio.

Michele Sergio

Articolo scritto su IL Roma il giorno 11 ottobre 2020