I bar di periferia

I bar di periferiaErra chi individua Napoli solo con Piazza del Plebiscito, Toledo, Spaccanapoli, Via Caracciolo ed i “nuovi” quartieri residenziali di Posillipo, Vomero e Fuorigrotta. C’è anche la Periferia, troppo spesso dimenticata. Quando, invece, costituisce parte integrante di un tessuto urbano tra i più densamente popolati e vasti d’Europa.

L’hinterland partenopeo è vivo e colorato, ricco di fermenti giovanili ed imprenditoriali. Sono proprio le nuove generazioni che si stanno definitivamente spogliando di quella ingiusta marginalità cui i luoghi dove vivono sono stati per troppo tempo colpevolmente confinati da superficiali e miopi scelte amministrative e politiche che hanno sempre privilegiato il centro della Città.

La struttura delle periferia

In queste realtà, dove la conformazione urbanistica e paesaggistica è decisamente differente – grandi spazi, palazzoni in cemento, ampie piazze – e non consente la naturale ed immediata aggregazione sociale dei vicoli e dei più contenuti percorsi del centro cittadino, i bar costituiscono il luogo di incontro ideale e privilegiato. Frequentati prevalentemente da autoctoni e persone di passaggio, rarissimi i turisti, le caffetterie di Agnano, Bagnoli, Scampia, Secondigliano, Pianura, Barra, Ponticelli, San Giovanni, sono generalmente concepite come multifunzionali. E con una filosofia commerciale diversa da quella di un classico caffè del centro. Le strutture sono più grandi, dotate di parcheggi per le auto, spesso di pompe per il carburante. Oltre che di tabacchi e tavola calda.

Il barista e il rispetto meritato

I baristi, dal canto loro, godono certamente di un discreto riconoscimento sociale. Essi svolgono un fondamentale lavoro nel principale centro di aggregazione. Talvolta con turni e orari più faticosi, proprio a causa della multifunzionalità dei locali in cui operano. Mai mancano, secondo la migliore tradizione partenopea, di professionalità, dedizione e passione.

Non v’ è dubbio che se Napoli detiene lo status di capitale del caffè il merito va non solo ai caffè del centro storico ma, anche, ai tantissimi bar delle periferie all’ombra del Vesuvio.

 

Gennaro Caiazza: da barista di un bar di periferia a maestro caffettiere del Caffè Gambrinus

Sono anni che Gennaro Caiazza lavora nel locale più antico di Napoli e tutti i giorni prepara il caffè per Napoletani e turisti. Sempre con maestria e professionalità, sempre col sorriso, sempre pronto e ben disposto ad accontentare le richieste degli avventori. Il suo percorso lavorativo non è stato tra i più facili. Ed è iniziato con la faticosa e lunga gavetta nei bar dell’hinterland partenopeo. La prima esperienza è stata a Sant’Antimo, a metà degli anni Settanta, quando aveva dodici anni. Lavorava come guaglione, cioè come “ragazzo” di sala che serviva il caffè ai clienti che giocavano a carte. All’età di sedici anni si spostò nella zona ospedaliera, in via Cavallino. Gennaro on si sottraeva a nessuna mansione, recandosi anche negli ospedali con tanto di cassetta piena di sigarette, bibite e un thermos di caffè per vendere a degenti, visitatori, medici e infermieri.

Arrivò poi finalmente per Gennaro il momento di prendere posizione alla macchina del caffè. La mansione più prestigiosa per ogni barista napoletano, al Bar California di Secondigliano. Qui imparò l’antica arte del caffè partenopeo. Gennaro aveva, oramai, maturato l’esperienza necessaria per proporsi al Caffè Gambrinus. Il più prestigioso della città. L’inizio non fu facile, soprattutto era complicato doversi integrare in una squadra composta da camerieri e baristi di elevato livello professionale. Nel volgere di poco tempo, però, con impegno e determinazione, riuscì a conquistare anche qui il posto alla macchina del caffè, facendosi ben volere da tutti, titolari, colleghi e avventori.

Gennaro Caiazza

Michele Sergio

Articolo pubblicato su L’Espresso Napoletano del mese di giugno 2018

Foto di Vincenzo De Simone