Il caffè nei vic e vicariell
Articolo scritto da Michele Sergio e pubblicato su L’Espresso napoletano del mese di novembre 2019
Foto di copertina di Serena Miccio
Il caffè come elemento sociale nelle strade della città di Napoli
La maestosità di Napoli e del suo golfo la si può ammirare, ancor più, guardando la città dall’alto a volo di uccello. Scendono in picchiata si entra nel ventre dell’abitato, quello costituito dal dedalo di vicoli e vicoletti, una vera e propria ragnatela originale e particolare. La struttura urbanistica del centro storico della città di Partenope prende questa forma ai tempi del viceré spagnolo Don Pedro De Toledo che impone di non costruire fuori dalle mura. Per questo motivo i napoletani sono costretti a costruire enormi palazzi sfruttando l’altezza, con sacrificio delle distanze tra gli uni e gli altri. E’ così che palazzi nobiliari, monumentali, chiese sconsacrate, edifici pubblici del ‘600 e del ‘700, si sviluppano senza soluzione di continuità creando un’urbanistica suggestiva e irripetibile nel suo genere. In questo intricato labirinto di strade, vie e viuzze si svolge la vita dei napoletani del centro storico. Tra l’aroma di caffè, una pizza “a portafoglio” mangiata per strada, i colori dei panni stesi nei vicoli, le voci sovrapposte di bottegai e ambulanti, lo sfrecciare dei motorini guidati dai ragazzi, camminare per i vicoli di Napoli è esperienza da fare almeno una volta nella vita.
Il caffè dunque, uno dei protagonisti del cuore pulsante della Nostra Città e l’aroma di sente passeggiando per le strade proprio come cantava il grande Modugno in “’O cafè” del 1959 “Ah! c’a ddore ‘e ccafe’ Ca se sente pe’ ‘sta citta’”! Chi, allora, meglio di Antonio e Lella, residenti ai quartieri spagnoli e da sempre nel mondo delle caffetterie, ci possono raccontare cosa significa vivere nei vicoli e quanto importante sia il caffè per il popolo partenopeo.
D) Cari Antonio e Lella ci raccontante un po’del vostro passato? Come vi siete conosciuti?
Antonio) Io non ho avuto una infanzia semplice perché sono nato in un periodo difficile, in pieno dopoguerra e ho avuto la sfortuna di perdere mia madre quando ero ancora bambino. Per questi motivi ho cambiato spesso casa passando da piazzetta Cariati a Fuorigrotta, poi Gennaro Serra fino a stabilirmi a Vico Lungo Concordia nei quartieri spagnoli. Mia moglie invece è originaria di Fuorigrotta (zona Sant’Antonio) e quando ci siamo sposati ci siamo trasferiti a vico Sergente Maggiore nel cuore dei quartieri spagnoli. Era la fine anni ‘70.
Lella) Noi ci siamo conosciuti a metà degli anni 70’ nei bar del centro della città dove lavoravamo. Mio marito, prima di fare questo lavoro, ha fatto il fabbro, il rappresentante di scope elettriche e di lavatrici, il marinaio per 24 mesi. Io, invece, lavoravo al mercato di Fuorigrotta con mia madre ma vendere frutta e verdura non era nelle mie corde. Mi piaceva più il mondo del caffè.
D) Quindi il vostro lavoro (se si esclude la parentesi iniziale) è sempre stato nei Caffè?
Antonio) Si, dopo avere maturato un po’ di esperienza come cameriere in ristoranti e Hotel (Domizia Palace Hotel e Monte Silvano a Pescara) ho lavorato al Bar Brasiliano in Galleria Umberto I per oltre dieci anni, dal 1974 al 1986, poi al Moka Brasil dal 1987 al 1996 e poi, finalmente, sono riuscito a mettermi in proprio aprendo un bar a Fuorigrotta con la mia famiglia nel 1997. Si chiama MonteRosati (formato dai cognomi mio e di mia moglie) ed ancora oggi lavoriamo qui.
Lella) Le mie prime esperienze nel mondo dei bar, invece, sono state come addetta alle pulizie e “guagliana ‘e fuori casa” (ovvero portavo il caffè a domicilio ai clienti). Iniziai nel 1973 l’anno passato alla storia per l’epidemia di colera. Fu tutto più difficile ma è stata un’esperienza molto formativa.
D) Che significa vivere nei quartieri spagnoli? E quanto è importante il caffè per le persone che ci vivono?
Antonio) Sono sempre stato felice di vivere nel cuore della città perché è qui che c’è la vera Napoli. Stavo anche vicino al lavoro e i miei figli crescevano bene. Il caffè lo faceva sempre mia moglie la mattina con la moka da 3 tazzine. Noi in famiglia eravamo 4 (io, mia moglie e i miei due figli Monica e Luca) e quindi c’era sempre qualcuno che rimaneva senza caffè. Per un napoletano non bere il caffè la mattina è una vera e propria tragedia.
Lella) Mi ricordo che preparavo sempre il caffè per i miei familiari e altri per gli ospiti che venivano a trovarci. E come potete immaginare la mia casa era sempre aperta a tutti. Le mie vicine di casa addirittura preparavano il caffè e poi lo passavano alle vicine dirimpettaie di balcone. Una mia amica è stata immortalata in una foto nel momento in cui passava il caffè alla vicina dal suo balcone. È così in queste zone, il caffè è lo strumento per dimostrare affetto e stima alle persone.
D) Quindi possiamo concludere che senza i vic e i vicariell, e senza il caffè Napoli non è Napoli?
Antonio) Si, Napoli è tutto l’insieme di questi fattori e nei quartieri spagnoli si respira l’aria della vera città.
Lella) Adesso che non viviamo più al centro ma siamo tornati a Fuorigrotta capisco quanto sono importanti queste cose. Qui si sta bene però mi mancano l’aroma di caffè che si sente nei vic e vicariell.
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