Il caffè a Napoli è rito, è culto. Gli sono state dedicate poesie, canzoni, saggi, libri e finanche opere teatrali.
Centinaia i testi che hanno ad oggetto il caffè, una vera e propria libreria monotematica. Uno su tutti ha influenzato gli scritti successivi incidendo pure sul modo di berlo: il “Manuale del perfetto amatore del caffè” pubblicato a Napoli nel 1836 da autore sconosciuto (note solo le sue iniziali che firmano il libro: M. H.) su ispirazione di un testo francese. Dimenticato da tempo nonostante sia ben scritto e ricco di approfondimenti e curiosità stupisce per essere ancora pienamente attuale nonostante siano passati quasi due secoli dalla sua prima uscita.
Il manuale si apre con il preambolo storico della bevanda, dalla sua scoperta da parte di un pastore e al successo a Costantinopoli, fino all’arrivo in Europa e l’epoca dei grandi caffè parigini.
Il primo capitolo è dedicato alla coltivazione della pianta (scelta del terreno, esposizione e temperatura, semina) e alla raccolta dei frutti (fioritura e raccolta nei paesi produttori). Il Manuale tratta, poi, delle diverse specie di caffè che prendono il nome dai paesi dove vengono coltivati (il Moka è la varietà più pregiata); dell’analisi chimica del prodotto crudo e torrefatto.
Il cuore del trattato è il capitolo IV intitolato “Preparazione del caffè”. Per realizzare un caffè a regola d’arte la prima operazione è abbrustolire (ovvero tostare) i chicchi al giusto punto (non troppo chiaro né troppo scuro) attraverso diverse tecniche. Importante per l’autore è, comunque, chiudere ermeticamente il caffè per evitare la dispersione dell’aroma. Seconda operazione è la polverizzazione (macinatura), mentre la terza è l’infusione che si può fare con diverse caffettiere. Interessante è il galateo del caffè, l’insieme dei modi indicati dal Manuale su come servirlo e sorbirlo. Si chiude con due approfondimenti: l’uno culturale e di costume sul caffè nel mondo orientale ed i Caffè di Parigi, l’altro di taglio medico con la spiegazione degli effetti benefici che può avere il nero infuso (ma anche il caffè in polvere e in chicchi) sulla salute dell’uomo.
Auspicabile sarebbe creare una biblioteca in città dedicata alla nostra amata tazzulella ‘e cafè, per difendere la nostra bevanda per eccellenza, sovente messa in discussione da molti che, per interesse od opportunità, non ne riconoscono la sua marcata identità partenopea ed arrivano a negare quella dignità culturale che, invece, la storia le ha attribuito da più di due secoli.
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