Intervista Tommaso Luongo. Un confronto tra vino e caffè

INTERVISTA A TOMMASO LUONGO

Parlando di Vini e Campania non possiamo non acquisire il contributo di uno dei più stimati e apprezzati Sommelier italiani. Tommaso Luongo, Presidente della delegazione Campana dell’AIS (Associazione Italiana Sommelier).

Seduti ai tavolini di un Caffè il nostro incontro si sostanzia in una bella chiacchierata piuttosto che in una formale intervista. È veramente piacevole parlare con il Presidente: per lui il vino non ha segreti.

 

La prima domanda è istituzionale: come e quando inizia la Sua passione per il mondo del vino?

La mia passione per il vino ha radici familiari. Sin da piccolissimo, infatti, mi sono subito relazionato con il mondo del vino in quanto mio padre era uno dei primi sommelier della Campania. Negli anni ’70 le regole erano un po’ diverse perché esistevano i sommelier professionisti e quelli amatoriali e c’erano pochissimi soci iscritti all’AIS.

Ricordo che furono i colleghi di mio padre ad iscrivermi all’Associazione nel lontano ’88. In quel periodo, però, avevo anche altri interessi come gli studi giuridici e svolgevo l’attività di promotore finanziario.

Ricordo che terminato il corso di Sommelier AIS decisi, su consiglio di colleghi più anziani, di frequentare a Roma una Master Class di analisi sensoriale avanzata della durata di un anno e mezzo. Riuscii a conseguire con successo anche questo corso nonostante attraversassi una fase difficile della mia vita. Devo dire però che è stato una esperienza formativa fondamentale per la mia crescita personale e professionale.

 

e poi la Sua attività nell’AIS …

Poi verso la metà dei primi anni 2000 ricordo che la delegazione Ais Napoli attraversava un periodo turbolento e ci fu un cambio dei delegati. Io mi ritrovai a capo di una importante delegazione da riformare. Decisi, così, di costruire una squadra composta da quelli che ritenevo esseri i migliori. Questa scelta si rilevò vincente. Le attività della delegazione riscossero un certo successo ed io ebbi modo anche fare cose innovative: fu la prima delegazione ad avere un sito web ed una redazione.

 

Oggi lei è uno dei sommelier più quotati a livello internazionale …

Da circa due anni sono Presidente dell’AIS Campania e da 10 referente regionale per la Guida Vitae. Sono molto orgoglioso di essere membro del Concours Mondial de Bruxelles, evento che si tiene 1 o 2 volte all’anno. L’evento ha come finalità quella di giudicare, attraverso panel di altissimo livello, vini provenienti da tutto il mondo. Fare parte di questo contesto non è cosa semplice. Perché oltre ai vini anche gli stessi sommelier-giudici sono a loro volta giudicati (attraverso vari test come ad esempio quello consistente nel valutare l’assaggio del medesimo vino in due momenti diversi, arrivando sperabilmente al medesimo risultato).

 

Secondo Lei come si pone la Campania nel contesto nazionale dei vini?

La Campania non deve guardare le altre regioni ma deve sviluppare un suo modello in base alla sua identità. I vini della nostra regione godono di una grande reputazione nonostante produciamo solo l’1% del prodotto vino nazionale. Per questo motivo credo che si debba puntare soprattutto sulla qualità potendo contare i nostri vinicoltori sull’unicità dei terreni e la caratterizzazione dei suoli. La Campania, infatti, presenta delle precipue diversità morfologiche (dalle zone vulcaniche alle isole, dalle zone montuose interne alla costa d’Amalfi). In queste zone si producono non solo ottime qualità di vini. Ma anche (e siamo tra i pochi al mondo) qualità addirittura ricavate dagli stessi vitigni già utilizzati dagli antichi greci e romani.

 

e anche un problema di comunicazione?

Si. Infatti il comune di Napoli è secondo in Europa solo a Vienna per numero di ettari destinati a vigneto. Nel circondario della capitale Austriaca c’è un’area dedicata esclusivamente alla coltivazione dell’uva. Nella nostra città, invece, la vite è coltivata un po’ da per tutto. È nonostante questo primato non abbiamo ancora saputo valorizzare, purtroppo, il nostro vino quando si pensi che a Parigi (città che ha meno di un ettaro di coltivato a vite) si tiene annualmente una festa del vino di rilevanza nazionale che celebra proprio la produzione locale. Sono convinto, però, che nei prossimi anni riusciremo a valorizzare maggiormente i vini campani.

 

Il Suo grande amore per l’insegnamento e la formazione …

La formazione è la madre di tutte le attività, sia associative che professionali. Un sommelier deve essere sempre in continuo e costante aggiornamento.

La curiosità e l’apertura mentale sono le chiavi del successo. Mettere in discussione il proprio lavoro, non accontentarsi dei risultati e degli obiettivi sono fattori determinanti per la crescita professionale ed i risultati verranno conseguenti e naturali.

Competenze e capacità di relazione, interdisciplinarietà devo necessariamente contraddistinguere la figura del sommelier più moderno. Se questi voglia tenere il passo con l’evoluzione continua del beverage. Anche in considerazione degli incredibili passi avanti compiuti da paesi che da poco hanno cominciato la produzione vinicola. Oggi il sommelier, per di più, è diventata una figura multitasking pronta a misurarsi non solo con il vino ma anche con bevande fino a ieri escluse come il caffè e la birra ad esempio.

 

L’attuale studio scientifico del caffè – certamente più recente rispetto a quello del vino – ha mutuato da quest’ultimo tutta una serie di concetti, nozioni e procedure come ad esempio l’analisi sensoriale o la ruota dei sapori. Ci dà il Suo pensiero a riguardo?

Le dico una cosa che la sorprenderà: vino può tanto apprendere dal mondo del caffè. Un esempio su tutti è l’abbinamento del vino con il cibo. Intorno al quale si sono consolidate tradizioni e sviluppati significativi processi culturali. A tal proposito il vino ha, però, caratteristiche organolettiche che ne limitano l’abbinamento a talune pietanze. Gusti come l’amaro o l’acido spinto, difatti, non appartengono al vino. Conseguentemente, negano taluni abbinamenti a differenza di quello che succede con il caffè o la birra o i cocktails. Bevande, queste, che hanno nelle loro declinazioni sfumature del gusto più complete e meglio si prestano a determinati accoppiamenti.

 

Tutte le interviste le concludiamo con la domanda “cosa è per te il caffè?”. A Lei però è doveroso riformularla di tal guisa: “cosa è per Lei il caffè ed il vino?”

Il caffè è la necessità e il desiderio di prendersi una pausa con se stesso. È un momento di riflessione e si dovrebbe bere a piccoli sorsi magari facendo un pensiero, operando una riflessione. È una visione in contrasto con chi lo gusta velocemente, magari distrattamente e che, invece, si associa normalmente al piacere di un buon bicchiere di vino. Gustarlo mi offre personalmente una grande opportunità: quella di viaggiare mentalmente, riecheggiando ricordi e sensazioni legati a posti anche molto lontani.

Anche il vino proprio come caffè è bevanda che meritano di essere goduta in compagnia attraverso la condivisione di un momento che, per me, ha ancora del magico.

 

Come preferisce prendere il caffè?

La mia curiosità mi ha portato ad assaggiare tanti tipi di caffè, anche realizzati con diverse tecniche di estrazione. Se sono costretto a scegliere il caffè che preferisco voto, comunque, per il nostro tradizionale espresso.

 

Articolo pubblicato su L’Espresso napoletano nel mese di settembre 2024